Il Tribunale di Prato: nulla la promessa di pagamento e da restituire le somme pagate per le rette per il ricovero dell’anziano malato cui vengano erogate prestazioni sanitarie

Il Tribunale di Prato: nulla la promessa di pagamento e da restituire le somme pagate per le rette per il ricovero dell’anziano malato cui vengano erogate prestazioni sanitarie
26 Agosto 2020: Il Tribunale di Prato: nulla la promessa di pagamento e da restituire le somme pagate per le rette per il ricovero dell’anziano malato cui vengano erogate prestazioni sanitarie 26 Agosto 2020

La sentenza n. 107/2019 del Giudice del lavoro di Prato ha deciso la controversia promossa dagli eredi di un’anziana affetta da numerose patologie, fra le quali una “demenza senile in stato avanzato”, inizialmente radicata avanti al Tribunale ordinario, nei confronti di un’Azienda USL toscana e diretta ad ottenere la declaratoria della nullità “dell’impegno a provvedere al pagamento della retta” di ricovero presso una R.S.A. a suo tempo sottoscritto e la restituzione delle somme pagate per adempiere a tale impegno.

L’ente sanitario aveva resistito alle predette domande, sostenendo che si fosse trattato di un “ricovero di natura residenziale, riconducibile alla categoria delle prestazioni di natura meramente socio assistenziale per le quali non era previsto alcun onere a carico del SSN”.

Riassunta la causa avanti al Giudice del lavoro ed escusse le prove testimoniali, la causa è stata decisa con la sentenza citata.

Questa ha anzitutto osservato che prioritariamente era necessario accertare “se le prestazioni offerte” in concreto all’anziana dovessero farsi rientrare tra quelle “socio-assistenziali ovvero in quelle socio-sanitarie ed in particolare nella più ridotta fattispecie delle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria”.

In proposito la sentenza ha accertato che, per un verso, l’anziana in questione era “affetta da persistente difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età” e dell’”impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore”, nonché “bisognosa di assistenza continua”.

Ma che, per altro verso,  come comprovato dai certificati medici acquisiti, “sin dal 2011” risultava “affetta da sindrome ansioso-depressiva e da deterioramento mentale, con deficit di orientamento temporale di memoria a lungo termine, dapprima di grado moderato e poi avanzato – verosimilmente SDAT – fino ad essere riconosciuta completamente disorientata nel tempo e nello spazio, con deterioramento cognitivo grave e nella fase finale addirittura cronico e con allucinazioni durante le ore notturne; demenza arterosclerotica con aspetti depressivi”, nonché afflitta da “ipertensione arteriosa, degenerata in cardiopatia ischemica cronica, aggravata, quindi, da scompenso cardiaco acuto, fino all’infarto del miocardio acuto”.

Inoltre, dalla cartella clinica in atti risultavano svariate prestazioni “di natura sanitaria”, fra cui la somministrazione di farmaci sulla base delle prescrizioni del medico di famiglia.

Sulla base di questi presupposti, il Giudice del lavoro ha ritenuto che quelle erogate nel caso specifico fossero prestazioni di “natura socio sanitaria ad elevata integrazione sanitaria”, come tali riconducibili ai “livelli essenziali di assistenza sanitaria ed interamente” imputabili al Servizio Sanitario nazionale.

In conseguenza, ha dichiarato la nullità della “promessa di pagamento” anzidetta, in quanto “priva di causa”, e condannato l’Azienda USL alla restituzione delle somme percepite in esecuzione di tale atto unilaterale.

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